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2.
CAPPELLA della RISURREZIONE
Comunità educante (MARTINENGO) - 2013
p. Gianluca Rossi
L’idea di costruire una Cappella per la Comunità religiosa che si dedica quotidianamente all’educazione e alla scuola è nata da alcune riflessioni tra noi religiosi sulla fraternità e sulla familiarità, aspetti che caratterizzano l’esperienza della Sacra Famiglia. Queste idee le abbiamo condivise con Gregorio il quale si è messo subito all’opera per studiare lo spazio entro cui collocare la sua opera e gli ‘arredi’ liturgici: un Crocifisso, l’Altare (77cm x 77cm x 90cm), un Tabernacolo e gli scranni (non realizzati).
E oggi quando tu varchi la soglia della Chiesa, la prima cosa che ti appare è il volto di Gesù che guarda lontano, guarda l’orizzonte e sembra volerti coinvolgerti in quello sguardo. Il volto del Cristo, per la delicata luminosità e lo sguardo mite, velato da un sottile senso di malinconia, è di inconfondibile matrice classica. È un Gesù risorto che posto sopra la porta interna sembra emergere come dalla tomba della morte, così come ci sono ‘porte’ nella nostra vita per i vari passaggi: dalla morte alla vita; da ciò che ci appesantisce a ciò che ci libera. Lo sguardo sembra come emergere da un bozzolo. Un bruco che sta diventando farfalla! Non ha braccia, ma tutto il corpo si slancia verticalmente verso l’alto, dove la testa chinata s’incunea nella biforcazione delle braccia. La forma della figura è triangolare per ottenere questo slancio verso l’alto. Il Cristo è come schiacciato tra due pareti che richiamano la croce e che interferisce ed entra a far parte della figura stessa. L’opera rappresenta il capolavoro dello scultore martinenghese: in esso infatti la piena e sicura padronanza della forma e l’insieme delle qualità più significative e personali dell’artista si ritrovano tutte. Per Paolano Ferrantino costituisce il capolavoro di Cividini.
Con il Crocifisso, l’altro elemento importante è l’altare.
Ogni giorno la comunità religiosa si trova a celebrare l’eucarestia segno di comunione e di fraternità, ricordando che la comunione prima di tutto scaturisce dalle ferite di Cristo. Su quell’altare si costruisce la nostra fraternità senza dimenticare le ferite ma trasformandole in finestre, feritoie, segno di perdono.
L’altare -dove celebriamo nella consapevolezza che le nostre fragilità sono redente dal sacrificio/dono di Cristo- presenta una ferita, ha un taglio: è Cristo stesso ‘ferito’ d’amore. L’altare parte dall’esperienza fraterna che ciascuno di noi vive: essa si esprime tenendo sempre presente la fragilità dei legami umani, soggetti sempre al tradimento e alla violenza da una parte e la forza tenace dell’amore di Gesù che tiene insieme dall’altra; le forze distruttive sempre pronte a rapinane la vita per sé e la forza del dono di sé che fa esistere e nutre la vita dell’altro. Paura e fiducia. Resistenza e resa!
Quel taglio, quei buchi nell’altare che cosa rappresentano? Se guardi (o vivi) una comunità di fratelli ti domandi com’è che possa sussistere e stare in piedi la Comunità religiosa? Come può la vita degli uomini conservarsi nella fraternità nonostante gli impulsi di disgregazione e di disunione? Come possono degli uomini vivere insieme nella comunione senza farsi del male? Ecco: non certo per le sole forze umane ma per grazia divina che sempre fa risorgere ciò che da solo non ha la forza in sé. Questo altare è un’immagine che ci aiuta a ricordare che la nostra vita –tra fragilità dei legami e dono d’amore di Gesù– è apertura, consegna all’altro, fiducia, grazia: mensa per celebrare la comunione, luogo del sacrificio su cui si immola la vittima sacrificale della nostra salvezza, luogo dove ogni giorno celebriamo l’eucarestia.
L’altare dunque è luogo della memoria del dono della VITA di Gesù perché nelle nostre relazioni possa scorrere la sua linfa, quella che ogni mattina beviamo e mangiamo. Tutto ciò ha un prezzo. Gesù ci riscatta dalla morte, dalle nostre fragilità e dalle nostre paure caricando su di sé la nostra violenza e le nostre esperienze di morte.
Questo fare la sua memoria del pane e del vino sull’altare trova un riferimento nell’immagine di un taglio, di una spaccatura che percorre da cima a fondo l’altare per ricordare che siamo stati riscattati a caro prezzo.
L’altare porta le ferite e i chiodi della passione. Tradotto in termini comunitari: la fraternità e la comunione si rafforzano dal celebrare ogni giorno l’eucarestia, dal suo sacrificio e dal suo dono impariamo a vivere insieme.