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Domenica 1 ottobre si è tenuta a Martinengo la giornata della Solidarietà missionaria. Ampia e sentita è stata la partecipazione di persone amiche delle nostre missioni. Nella Messa del mattino è stato conferito il mandato missionario a p. Rocco Baldassari, in partenza per il Brasile. Gli abbiamo rivolto alcune domande.
Caro p. Rocco, ci puoi dire due parole su di te e come hai vissuto fino ad oggi il tuo cammino di religioso e padre?
La mia è una ‘seconda chiamata’. Infatti, parto per la missione in Brasile dopo oltre trent’anni di vita religiosa e sacerdotale nella Congregazione. In questo arco di tempo ho svolto il mio servizio nella casa di formazione e vocazionale, poi nella nostra scuola a Martinengo e, negli ultimi 12 anni, a Vigna Pia (Roma) dove, come Congregazione, abbiamo una Parrocchia ed un Centro polisportivo con oltre 900 iscritti.
Quando il Superiore generale ti ha chiesto di andare in Brasile come ti sei sentito?
Di primo acchito ho reagito con un sussulto di trepidazione. Ma presto mi sono dato conto che andare in Brasile significava trovarmi in famiglia, dal momento che andavo a vivere con dei confratelli, italiani e brasiliani. Gli anni vissuti a Roma sono stati indubbiamente ricchi e belli; al medesimo tempo, ho comunque valutato come utile il cambiamento per evitare una possibile stasi e per favorire -non solo a me- opportunità nuove.
Cosa speri per la tua nuova missione? E hai qualche timore?
Spero di mantenere sempre il baricentro, vale a dire il motivo prioritario per cui sono inviato che è ‘annunciare Cristo’. San Paolo me lo ricorda quando scrive “L’importante è che, in ogni maniera, Cristo venga annunziato” (Fil 1, 18). Per fugare il rischio di non ‘fare centro’ nella missione, credo sia importante mantenere le antenne alzate per intercettare realmente i bisogni delle persone, che, talvolta anche senza saperlo, cercano la verità ed il bene che è Cristo.
Ti mancherà lo stile della vita che hai vissuto fino ad ora?
Sì, credo che avvertirò il distacco dall’Italia, dalla mia famiglia di origine, dallo stile di vita vissuto fino ad oggi; mi dispongo, tuttavia, a vivere questa partenza come un’opportunità, e le opportunità bisogna sempre coglierle bene. Spero di vivere attratto dal Vangelo e a servizio di quanti la missione mi farà incontrare, piuttosto che mosso dalla nostalgia.
Come pensi che questa nuova missione potrà aiutarti a crescere?
In questa domanda è presupposta la convinzione che sempre è tempo di crescere. Per rendere la mia partenza un’occasione di crescita, ritengo importante vivere continuamente il passaggio dal ‘guardare me’ al ‘guardare Gesù’. Questo esige una spoliazione; e vado col pensiero alla spoliazione vissuta da Santa Cerioli quando comprese che le veniva chiesto di staccare il cuore dalle cose e ancor più dal suo passato. E’ proprio questa spoliazione che le ha permesso di fare l’esperienza analoga a quella di San Paolo che giunse a dire “non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 20). Questo passaggio costa molto, lo sento; eppure, solo attraverso esso avverrà come al seme che nella terra muore e porta frutto.
C’è una parola chiave che senti risuonare in te?
Sì, è ‘Seguimi!’. Questo invito di Gesù l’ho sentito da giovane quando ho scelto di consacrarmi a Lui nella Congregazione della Sacra Famiglia. Ancora oggi non smette di risuonare; e per questo sono grato.