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Penso che tutti conosciamo la famosa esortazione di Antoine de Saint-Exupéry scritta nel suo libro "Cittadella": “Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito”. Per "nostalgia" l’autore non intende il desiderio o il rimpianto di qualcosa del passato, ma l'anelito a qualcosa che ci aspetta, che riguarda il futuro (in questo caso, il navigare per il mare infinito). Speranza quindi come "nostalgia del futuro", anticipazione di qualcosa che avverrà e che orienta il nostro cammino presente.
Speranza e futuro sono due termini che ricorrono insieme molte volte in questi ultimi tempi in tanti discorsi e pronunciamenti ufficiali della Chiesa.
Il Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, il Cardinal José Tolentino de Mendonça, è intervenuto il 20 settembre scorso, all’incontro sinodale tra i Rettori delle università latinoamericane e caraibiche dal titolo "Organizzando la speranza", sottolineando come Papa Francesco ogni volta che parla di educazione parla di speranza, come se fossero due sinonimi. Il Papa incita a “globalizzare la speranza”, perché “quando manca la speranza, manca la vita”, perché “l’uomo non può vivere senza speranza e l’educazione è generatrice di speranza”. Le università, dice il Cardinal Prefetto, in quanto comunità di conoscenza e di futuro, “non possono conformarsi alla disseminazione dell’indifferenza e della paura, né lasciare che l’universale diritto alla speranza sia schiacciato dal rullo compressore del nichilismo”. La nostra missione come educatori è la speranza, e le università devono mostrare come la speranza non sia una chimera ma un dinamismo concreto, una laboriosità, un fare, un impegno. E conclude esortando i rettori a essere fedeli alla speranza che intere generazioni di giovani depositano nell’università.
Di futuro ha parlato invece l’osservatore permanente della Santa Sede nelle Nazioni Unite, Mons. Gabriele Giordano Caccia, nel suo intervento al Meeting dell’ONU del 19 settembre scorso dal titolo: “Education: a catalytic investment for development. Providing youth with the freedom to build their future” (L'educazione: un investimento catalizzatore per lo sviluppo. Offrire ai giovani la libertà di costruire il proprio futuro). Mons. Caccia, a un anno esatto dall’intervento del Segretario di Stato Cardinal Pietro Parolin al “Transforming Education Summit” delle Nazioni Unite durante il quale aveva presentato il progetto di Papa Francesco del “Global Compact on Education”, ha richiamato l’impegno comune di costruire il Villaggio dell’Educazione, ascoltando la voce dei giovani: “Un errore che viene commesso spesso - dice - è quello di predisporre programmi educativi per i giovani pensati dagli adulti e a partire dalla prospettiva degli adulti, senza interrogarsi su cosa i giovani vogliono veramente per la loro educazione e per il loro futuro. ‘Offrire ai giovani la libertà di costruire il proprio futuro’ presuppone il loro ascolto: cosa potremmo offrire ai giovani se non sappiamo nemmeno cosa vogliono ricevere?”. Ha ricordato come la Chiesa in questi ultimi anni sta andando proprio in questa direzione dell’ascolto, attraverso il Sinodo, il Patto Educativo Globale, la Giornata Mondiale della Gioventù dove il Papa si è incontrato personalmente con molti gruppi di giovani per ascoltarli e per esortarli alla speranza, come ha fatto nel bellissimo discorso ai giovani universitari invitandoli ad abbracciare “il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo”. Anche lo stand allestito alla Giornata Mondiale della Gioventù dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione è stato uno spazio di ascolto per migliaia di giovani che hanno risposto per scritto alla domanda rivolta loro: “Come immagini l’educazione del futuro?”. Solo con i giovani si può re-immaginare “i futuri” dell’educazione e garantire la libertà di costruire il loro futuro. L’osservatore permanente ha concluso il suo discorso citando le parole del Papa ai “pastori del continente più giovane del mondo” quando gli hanno consegnato il “Patto Educativo Africano”: "Vi esorto ad ascoltare la voce dei giovani e le loro idee, senza autoritarismi: lo Spirito parla anche attraverso di loro, e sono sicuro che sapranno suggerirvi cose belle e sorprendenti".
Voglio terminare invitando gli educatori ad approfondire questi discorsi sull’educazione e a riprendere la riflessione del grande pedagogo brasiliano Paulo Freire che ci ha lasciato nel suo libro "Pedagogia della speranza", La speranza – dice Freire - è la forza motrice per il cambiamento e per l'educazione emancipatrice. Senza speranza le persone possono sentirsi impotenti e disimpegnate. Educare alla speranza attraverso un’educazione dialogica al fine di sviluppare la coscienza critica negli studenti che sono il motore per il cambiamento della società futura.
Alimentiamo con entusiasmo in noi educatori e nei nostri giovani studenti la passione e la speranza che ci hanno trasmesso il Papa e la Chiesa e mettiamoci in viaggio per solcare senza paure “il mare vasto e infinito” nella certezza che non siamo alla fine ma all'inizio di un grande spettacolo!