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È un dovere e una gioia per noi religiosi della Sacra Famiglia condividere con tutti il dono che il Signore ha fatto con la vita di Santa Paola Elisabetta Cerioli fondatrice. È un dono per la nostra fede, che cresce grazie alla testimonianza di vite belle e pienamente realizzate, come è stata la sua.
Come Santa Paola ha fatto esperienza del mistero di amore di Dio rivelato in Gesù Cristo? Come lo ha riconosciuto presente nella sua vita? E come ha saputo dare alla sua vita la forma del Vangelo di Gesù?
Come accade nella nostra vita, anche nella sua Dio non si è fatto presente attraverso angeli o eventi meravigliosi e del tutto favorevoli. Educata sin da piccola ad una vita di fede seria e devota, ha riconosciuto la volontà di Dio come promessa di vita piena nella volontà dei genitori di darla in sposa ad un uomo vedovo, divenuto nobile, di quaranta anni più anziano di lei. Ha accolto e vissuto la maternità, più volte frustrata sul nascere, come una profonda vocazione e missione, che ha espresso con grande intensità umana e cristiana nell’educazione del figlio Carlo.
Dio torna a farsi presente ancora, in un modo difficile da comprendere e da accettare, quando anche Carlo muore, a soli 16 anni. Il dolore le fa sentire quella morte come una grande disgrazia, dietro la quale percepisce l’azione di un Dio esigente che non ha ascoltato la sua accorata preghiera. Costanza, cercando aiuto e sostegno in persone di fede, percorre con coraggio il cammino del deserto, dove Dio la mette alla prova come figlia per sapere che cosa ha nel cuore.
Immedesimandosi spontaneamente in Maria addolorata, visita il Calvario e sta ai piedi della croce. In questo modo partecipa esistenzialmente a quel momento di grande dolore nel quale si compie la missione di Gesù. Ascolta come rivolte a sé le parole che Gesù morente dirige alla donna-madre: “ecco il tuo figlio”, che la fanno sentire di nuovo figlia amata; e ascolta come rivolte a sé anche le parole che Gesù dirige al discepolo amato: “ecco la tua madre”, che le aprono un futuro di nuova maternità.
Contempla in Gesù crocifisso l’abisso dell’amore di Dio che nella morte del Figlio raggiunge tutte le persone che si sentono abbandonate da Dio, per farle sentire di nuovo figli e figlie amate dal Padre. Penetra nel grande mistero del calvario, nel quale Gesù dona vita nuova proprio mentre offre la sua vita per amore del Padre. Comprende che il dono di Gesù è una risposta libera, di amore, esigente, e generativa.
Piano piano trova il coraggio di appoggiarsi sempre di più sulla fede, accettando di lasciar andare le sicurezze che ancora le servivano per dare un senso alla sua vita provata. Nei mesi dopo la morte del figlio e del marito, mentre continua a soccorrere i bisogni dei poveri che le chiedono aiuto, sente una forte chiamata ad assumere uno stile di vita povero ed essenziale, che imiti da vicino quello di Gesù.
Il desiderio di maternità e la spinta ad una vita povera la portano ad aprire la porta del cuore e quella del palazzo per accogliere alcune bambine abbandonate, senza famiglia e senza educazione. L’oscurità delle parole pronunciate dal figlio morente: “fa’ sacrificio a Dio dell’unico tuo figlio… il Signore ti darà altri figli”, diventa poco a poco una luce che le permette di rinascere. Vede che Dio le dà altri figli, e ciò proprio mentre impara a “fare sacrificio” del figlio a Dio, senza più trattenerlo per sé.
Nel giro di un paio di anni scopre con chiarezza che Dio la chiama, per essere felice, a diventare madre di altri figli. Sente che la sua missione è il soccorso materno dell’infanzia abbandonata. Per realizzarla accoglie delle orfane in sua casa e apre una “scuola di carità” per le bambine e ragazze dei dintorni senza istruzione.
A imitazione di Gesù, che offre la sua vita per donare vita nuova, riconosce che la sua missione è quella di “dare la vita” alle bambine accolte, e che questo è possibile solo offrendo tutta la sua vita a Dio nell’attenzione materna a quelle bambine.
Come Dio si è fatto presente nella vita di santa Paola Elisabetta? Facendole sentire il suo amore di Padre nel momento della più grande solitudine e orfanezza, dandole coraggio per ridonare a Lui il figlio Carlo.
Quale forma di vangelo ha assunto la sua vita? Dopo questa prova si è sentita libera e desiderosa di farsi madre per chi non aveva madre, famiglia per chi non l’aveva, per dare “educazione e avvenire” all’infanzia abbandonata.
Noi, che in un contesto del tutto cambiato viviamo storie molto diverse dalle sue, siamo invitati a trovare in lei un aiuto per dare alla nostra vita la forma del Vangelo. Anche nella nostra vita Dio entra in modi non facili da riconoscere. Ci promette una pienezza di vita, che possiamo sperimentare solo se non tratteniamo i doni che egli ci fa come una nostra proprietà, ma li ridoniamo a nostra volta, confidando che la comunione con il donatore è il bene più grande.
Nella vita di tutti noi c’è un “figlio”, un attaccamento, una sicurezza, senza la quale ci sembra di non poter vivere in pienezza. Il coraggio evangelico di santa Paola Elisabetta, che nella sua sofferenza ha dato fiducia a Dio, ci sostiene nella decisione di “fare sacrificio” a Dio di quello che ci sembra indispensabile per vivere. Questo passaggio pasquale ci permette di ricevere nuova vita, di diventare generativi, di scoprire nuovi orizzonti di bellezza e pienezza che non possiamo aprirci da soli, e che Dio prepara per noi.