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Il mistero della morte e risurrezione non riguarda solo la fine della vicenda storica di Gesù, ma esprime il significato di tutta la sua vita. Per questo i cristiani celebrano ogni domenica la Messa, che è il “memoriale” della morte e risurrezione di Gesù, raccontando ogni volta momenti diversi della sua vita: la nascita a Betlemme, la crescita a Nazaret, il Battesimo al Giordano, la predicazione del Regno di Dio, la chiamata dei discepoli, la cura dei malati e la liberazione degli indemoniati, le parabole, la trasfigurazione, il cammino verso Gerusalemme e la preparazione dei discepoli allo scandalo della croce, il confronto con i rappresentanti della religione ebraica, la gioia dell’amicizia, la passione tragica fino alla morte in croce, il Risorto che si fa vedere agli uomini e alle donne che gli erano stati più vicini.
A partire dall’esperienza di incontrare Gesù Risorto vivo oltre la morte, con il corpo che porta i segni della passione, i discepoli cominciano a rileggere le esperienze che hanno vissuto con Lui e a capirne il senso: a partire da quella più difficile, cioè la fine tragica della sua vita. La croce infatti aveva bruscamente messo fine ad ogni loro speranza e fiducia in Gesù: perché cosa avrebbe potuto mai avvenire dopo una morte così tragica, che svuotava di ogni senso umano e religioso la vita e l’insegnamento del maestro?
Gesù Risorto si mostra ai discepoli e apre la loro mente e il loro cuore. Li aiuta a capire il senso della sua morte: se dal punto di vista umano essa è la conclusione di un complotto messo in piedi dai capi religiosi che non sopportavano le critiche mosse loro da Rabbi di Nazaret, dal punto di vista di Gesù è la conseguenza ultima di una vita vissuta come dono di amore. Gesù non ha subito passivamente la morte come una fatalità inevitabile, ma l’ha vissuta come il punto più alto dell’obbedienza alla volontà del Padre, che lo ha mandato nel mondo per rinnovare un’alleanza di amore con l’umanità, alleanza che non chiede altro che di essere accolta nella fiducia e nella gratitudine, come l’amore appunto.
Questa nuova “chiave di lettura” ha permesso ai discepoli di ricordare e di capire il senso delle tante esperienze fatte con Gesù: i gesti di guarigione e liberazione che Egli compiva sul corpo di alcuni uomini e donne sono il segno che Dio è capace di dare vita nuova, più forte della morte fisica e spirituale che segna il corpo dell’uomo e della donna. La predicazione che Gesù rivolgeva alle folle, ai capi religiosi e ai discepoli, si riassume tutta nell’annuncio della misericordia di Dio, del suo amore che perdona il peccato e apre la possibilità di una vita redenta, riscattata dal peso del fallimento.
La morte e resurrezione di Gesù così comprese hanno permesso ai discepoli di scoprire il legame con tutta la loro vita: esse non sostengono solo la speranza della vita dopo la morte, ma sono un invito ad accogliere, già in questa vita, l’alleanza di amore che Gesù ci ha rivelato con la sua vita e la sua morte. Non moriamo e non risorgiamo solo alla fine della nostra vita, ma in tante esperienze in cui facciamo i conti con la morte: quella fisica, a causa di una malattia, e quella spirituale, per la perdita della fiducia e della speranza.
Il battesimo, che i primi cristiani ricevevano in età adulta, è il segno – sacramento – con il quale siamo immersi (questo appunto significa “battesimo”) nella morte e risurrezione di Gesù. È l’abbraccio dell’amore di Dio che sostiene la nostra vita e ci invita ad una continua rinascita. Ci incoraggia a vivere le esperienze di debolezza e morte non come la smentita dell’amore ma come una strada per imparare ad amare come Gesù ci ha amati.
Celebrare la Pasqua cristiana significa gustare di nuovo il dono che abbiamo ricevuto con il battesimo, il dono di un amore capace di convertire il nostro cuore.
Foto: Rembrandt, Cena di Emmaus