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Nel pomeriggio di martedì 9 gennaio alcuni Consiglieri insieme al Superiore generale si sono portati a Comonte, casa madre delle nostre suore, per realizzare un Consiglio generale congiunto tra il ramo maschile e quello femminile della nostra Congregazione.
Innanzitutto la location, un dettaglio tutt’altro che secondario. Ogni volta che si entra nel palazzo di Comonte è un po’ come tornare a casa perché in quei corridoi ci ha camminato la Fondatrice, in quelle stanze la luce del carisma cerioliano si è accesa e da quel luogo benedetto l’avventura della Congregazione della Sacra Famiglia è cominciata. Per noi religiosi è sempre un’emozione particolare varcare quel cancello, attraversare quelle sale e sostare in chiesa in preghiera davanti alla salma della propria madre.
Una volta varcato il cancello d’ingresso siamo stati accolti dal sorriso di madre Chiara e dal calore delle altre suore che ci hanno fatti sentire davvero in famiglia. Questo incontro è stato qualcosa di ordinario nella sua semplicità, eppure così straordinario, basti pensare al modo in cui è iniziato. L’avvio dei lavori non è stato dato dalla lettura dell’ordine del giorno, ma dal ricordare alcuni momenti degli anni in cui i padri e le suore collaboravano condividendo le stesse comunità, le stesse opere e le stesse giornate. Questo ricordo ha portato ad una constatazione da parte di tutti: padri e suore siamo tutti figli e figlie di una stessa madre, perché la Fondatrice, fin dall’inizio, ci ha voluti insieme. Le vicende degli ultimi decenni ci hanno fatti un po’ allontanare, ma quest’unica volontà che sta alla nostra comune origine è ancora ben presente nei nostri cuori.
È stato davvero bello essere seduti allo stesso tavolo, padri e suore, e attraverso la piattaforma Zoom collegati con i consiglieri e le consigliere che si trovano a Roma, in Brasile, in Mozambico e in Congo. In quella sala c’era davvero tutta la Congregazione.
L’incontro, durato circa due ore, è stato organizzato in due momenti. Il primo guidato dal Superiore generale attraverso una meditazione sul capitolo 10 di Giovanni. A partire dal versetto “il buon pastore offre la vita per le sue pecore” e dallo scritto della Fondatrice sull’obbedienza di Gesù, p. Gianmarco ha sottolineato che solo l’amore può portare a offrire/dare la propria vita perché altri possano avere vita. Essere religioso/a SF significa essere innamorato/a di Dio e questo porta ad essere innamorato/a dell’umanità.
La seconda parte dell’incontro è stata caratterizzata da un dibattito sulle iniziative che possono essere messe in campo per dare corpo a questa collaborazione tra i padri e le suore. Il criterio che ha guidato la riflessione è stato quello della “realtà”, cioè proposte semplici che siano effettivamente praticabili nel concreto della nostra missione di tutti i giorni. Gli aspetti presi in considerazione sono stati: fraternità e sororità, identità e spiritualità, formazione iniziale, missione educativa, collaborazione con i laici, missionarietà. Si è dato molto risalto agli strumenti digitali che danno la possibilità di far incontrare i religiosi e le religiose che lavorano in diverse parti del mondo, permettendo lo scambio, il confronto e la crescita. Non è mancata una proposta coraggiosa: nei prossimi anni bisognerà ripensare la distribuzione dei religiosi e delle religiose e allora perché non progettare una nuova opera dove padri e suore lavorino gli uni a fianco delle altre?
L’incontro si è concluso con una bella foto di gruppo dei presenti, religiosi e religiose collegati tramite Zoom compresi. Al di là delle belle riflessioni fatte e delle numerose proposte di collaborazione messe sul piatto, credo che il frutto più bello di questo incontro sia stato proprio quello di trovarsi faccia a faccia e tornare a dirsi che i padri hanno bisogno delle suore così come le suore hanno bisogno dei padri. Così ha voluto la Fondatrice all’inizio e sono convinto che così vuole ancora oggi. Alla sua potente intercessione affido questo desiderio affinché sia lei a guidare i passi di questo cammino comune. Là dove è stato gettato il primo seme della Congregazione, è stato gettato il primo seme di un nuovo percorso insieme. Impossibile non leggere questo come un segno dei tempi; impossibile non vedere all’opera l’instancabile provvidenza di Dio