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018. “Sono qui a nome di tutti a chiedere scusa”
Missionarietà

018. “Sono qui a nome di tutti a chiedere scusa”

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La letterina di Littizzetto a “Che tempo che fa” sulla tragedia di Cutro

Domenica 5 marzo, Luciana Littizzetto ha toccato la tragedia dei migranti avvenuta a Cutro, in Calabria, con “Una letterina che non fa ridere, in cui ci sono le parole di tanti italiani che davanti alle immagini di Cutro non riescono a fare finta di niente e pensare che sia soltanto una delle tragedie che succedono in questo mondo, sempre più ipocrita e indifferente e che non sanno cosa dire neanche dell'Europa, che a condannare la guerra in Ucraina è unita e meno male, che quando c'è da dare l'ok alla farina di grillo è un monolite, ma quando si parla di migranti si sbriciola come un libro lasciato in cantina”.

"Caro papà, cara mamma,

che eri su quel barcone che si è spezzato a pochi metri dalla riva, che scappavi con la tua famiglia dall'Afghanistan dei talebani, dal Pakistan devastato dai conflitti o dalla Siria stremata dalla guerra e dal terremoto. Da una di quelle guerre che per noi sono soltanto un titolo sul giornale ma che per te sono l'orrore in cui ti svegli ogni mattina. Tu che hai preso tutti i tuoi risparmi, venduto la tua casa e tutto ciò che avevi e ti sei messo in mare, stipato con altri nella stiva e inzuppato di gasolio.  Cercavi una rinascita, ma non è andata così. Ti bastava poco, un fazzoletto di terra in pace, un luogo buono dove tenere i tuoi amori al riparo.

 Qui c'è chi dice che sei stato un irresponsabile a portare tutta la tua famiglia su quel barcone perché la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli, che lui no, non sarebbe mai partito perché l'hanno educato alla responsabilità. Chi lo dice è fortunato, ha tante risposte, molte certezze e sembra sapere perfettamente come ci si ritrova nei tuoi panni. Io invece devo confessarti una cosa, io non lo so come ci si trovi nei tuoi panni. Sono cresciuta da questa parte del mondo, da questa sponda felice del Mediterraneo, io vivo nella Terra che tu sognavi, che non è il paradiso ma si sta bene. Io ho tante fortune, ho una casa, un lavoro, una famiglia e la sicurezza di vivere in un Paese democratico dove non c'è la guerra.

Io posso dirti quanto è bella Torino all'alba vista da casa mia, posso uscire la sera scollata, dire quello che penso anche se sono nella tv di Stato. Non ho paura che le mie figlie vengano eliminate a scuola come in Iran e non mi sparisce un figlio in qualche prigione o peggio ancora non me lo impiccano senza motivo. Non sento sulla mia pelle la disperazione che hai trovato tu per salire su quel maledetto barcone.

Poi ho anche un'altra fortuna, ho il passaporto italiano e posso viaggiare in 190 Paesi senza visto, il mio passaporto è il quarto passaporto più forte del mondo. Il tuo se è siriano ti consente di andare in nove Paesi, se è afgano ancora meno, solo in sei e nessuno di questi è alla tua portata perché sono posti lontanissimi, Dominica, Haiti, Micronesia, Suriname. Quindi in realtà non puoi andare da nessuna parte, rimani, come hanno detto qui, un carico residuale, ma per me non lo sei. Per questo dovevi essere salvato, a qualsiasi costo, te e i tuoi bambini e se gli altri non si sentono in colpa io e molti italiani come me sì e quindi sono qui a nome di tutti a chiederti scusa e grazie a tutti quei pescatori di Cutro e Crotone che si sono dannati l'anima per salvarli e non ci sono riusciti".


 

Autore

  • Ufficio Missionario

Data

  • 02/04/2023

Rubrica

  • Missionarietà

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