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Siamo arrivati ad Agosto, per molti tempo delle vacanze, tempo per vacare, verbo latino che rimanda a un vuoto, a una sospensione e a una distanza dal “fare” quotidiano in vista di una maggiore libertà.
Vacare è dunque “fare niente”, darsi del tempo per non fare quello che si fa abitualmente, e quindi vivere godendo di essere al mondo, di assaporare l’istante, di meravigliarsi del quotidiano. Durante tutto l’anno si lavora, si agisce, si fa, ma questo è il tempo per fare niente, cosa molto più facile a dirsi che a viversi. L’esercizio di interrompere il lavoro per passare al riposo non risulta facile: ci sono uomini e donne (tra i quali magari ci siamo anche noi) che non riescono a “fare niente”, a fermarsi, a prendere le distanze dal loro operare. E lo si vede spesso in quanti partono per le vacanze e giunti al luogo in cui dovrebbero “dimorare” sono presi dalla frenesia di programmare, di stabilire cose da fare al mattino, a mezzogiorno, alla sera.
Eppure “fare niente” è importante per vedere e non solo guardare, per ascoltare e non solo sentire, per pensare e non solo reagire psicologicamente nelle diverse situazioni. Il “fare niente” è un’arte che permette non solo di riposare, ma di vivere in modo più consapevole e acquisire la sapienza. Camminare nella natura, vivere la ‘stanza’, abitare il presente dà la possibilità di fare un viaggio interiore andando verso sé stessi per conoscersi in profondità e quindi attraverso una vera ‘lotta’ (spirituale?) discernere le emozioni e le pulsioni che ci abitano, ordinarle spegnendo quelle malvagie e valorizzare quelle più belle. Dunque è un far niente ‘esteriore’ ma che in realtà è un lavorare per un incontro con noi stessi, con le nostre profondità.
È evidente che questa operazione non è spontanea, è faticosa, ma soprattutto può avvenire solo se non si è inebriati e accecati nell’attivismo, se non si è distratti dall’azione, dal lavoro, dagli impegni… È nel fare niente, che non è semplicemente “il dolce far niente”, che si trova lo spazio per aprire questo cammino interiore. Perciò le vacanze sono un tempo beato, ma a condizione che sappiamo viverle vacando: riposando, certo, perché interrompiamo il lavoro quotidiano, ma soprattutto dando ai nostri silenzi l’occasione di essere illuminati e rinnovati affinché nelle relazioni con gli altri, nei nostri legami feriali possiamo essere persone sempre più autenticamente umane. Attraversando pinete in montagna, o seduti accanto a una cascata come su una spiaggia del mare, noi possiamo ascoltare il mondo, sentirne i gemiti, ma anche gli insegnamenti che vengono da questi nostri coinquilini del pianeta.
Fate vacanza e fate niente, allora, come una preziosa occasione per la nostra umanizzazione e la nostra comunione con madre terra.
(Forse che la vita di Gesù nel segreto della sua famiglia, in quel lontano e sperduto paese di Nazaret, nell’intimità con Padre, è stato questo ‘fare niente’ che lo ha forgiato per la sua stare tra noi con una presenza mite, una parola bruciante, una benedizione abbondante?)
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