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082. Lettera a s. Paola Elisabetta. Dal futuro
Lettere dal futuro

082. Lettera a s. Paola Elisabetta. Dal futuro

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L’evento di un Capitolo generale per una Congregazione religiosa è un laboratorio di futuro: incontro di persone, condivisione di diverse esperienze, visione collettiva di futuro. Con questa coscienza la Congregazione della Sacra Famiglia si sta preparando a celebrare il XXI Capitolo generale della sua storia (maggio 2025). Al centro di ogni Assemblea capitolare si ripropone la questione seria: «Dove si visibilizza oggi la Cerioli nelle nostre opere? Cosa ne stiamo facendo del carisma che abbiamo ereditato dalla Cerioli e dalla storia di Congregazione?» E la domanda acquista una nuova sfumatura proprio in questo tempo dell’incertezza e di tecnologia ‘pervasiva’; dentro a una Chiesa che si sta convertendo alla ‘sinodalità’ e in questa storia dove i bambini sono sempre più ‘orfani’ di adulti assenti.

«Lettere dal futuro» vuole essere uno spazio di ascolto. Nella forma della ‘lettera’ si vorrebbero condividere -con chi vive quotidianamente questa ‘congregazione’: religiosi, religiose, laici, amici- le cose che ci interessano della nostra vita. E attraverso la rivista vogliamo in qualche modo arrivare a tutti: se qualcuno di questi amici vorrà condividere la propria esperienza nelle opere della Congregazione e quali sono le sue aspettative, i suoi sogni, lo potrà fare liberamente, diventando così ‘voce’ anche per l’esperienza capitolare.

La prima «Lettera dal futuro» è scritta da p. Antonio Consonni, dirigente educativo della Scuola di Martinengo e coordinatore della Casa Famiglia di Orzinuovi, e rivolta confidenzialmente a s. Paola Elisabetta.

 

Cara s. Paola Elisabetta, è la sera di giovedì 23 gennaio, giorno in cui abbiamo celebrato la ‘memoria’ di te, e ti scrivo dalla mia stanza. Nel mio cuore si affollano meravigliosamente le immagini delle esperienze vissute con i bambini e i ragazzi, con le insegnanti e le educatrici della scuola -la visita al tuo Palazzo a Comonte; la ‘carovana’ verso la chiesa di Martinengo e la messa con la Comunità; lo spettacolo delle sabbie luminose e tutte le altre attività-  ma anche le riflessioni e le domande che, sempre, la tua esperienza suscita e risveglia nel cuore di chi -bambino e ragazzo- si affaccia alla vita e si pone domande sul suo senso. Nell’ascoltare la tua storia di famiglia, di madre che ‘perde’ figli e marito, di rinascita, mi ha molto colpito la loro attenzione e meraviglia. Dunque -mi sono detto- non possiamo lasciare questi figli senza la tua ‘bella’ storia, anche perché tu non racconti solo te stessa, ma come hai cercato di amare il tuo Signore Gesù, verità della vita, e come ha cercato di ‘umanizzare’ la storia che hai vissuto. Questo ‘fotogramma’ di scuola mi conferma che, se adeguatamente coinvolti e sollecitati, i bambini e i ragazzi ‘tirano fuori’ ciò che di vero c’è dentro al loro cuore.

Con il cuore pieno di gioia, mi decido a scriverti queste poche parole -mentre ci prepariamo a vivere il XXI Capitolo generale della Congregazione, laboratorio di futuro- per riprendere il ‘filo rosso’ di questi eventi e di rilanciarlo a chi, giorno dopo giorno, rende bella questa storia per altri bambini e ragazzi, e per altre famiglie.

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Nella preghiera che ogni mattina recitiamo a te, cara Paola, è delineato il tuo percorso esistenziale e spirituale e possiamo rintracciarvi, in filigrana, anche il percorso di ogni uomo e donna. Vorrei qui rileggere quel tuo percorso di vita perché sia stimolo e appello a tutti noi a conservare le cose essenziali.

Ciò che dall’inizio segna la tua vita è la «docilità». Ti preghiamo come figlia «docile» non solo per il tuo carattere dolce e remissivo verso i tuoi genitori, ma anche perché hai imparato a diventare ‘docile’ accogliendo negli accadimenti della vita la ‘volontà di Dio’, tuo amore. Avevi questo punto fermo, questo perno attorno a cui avevi imparato a far girare tutto: che il desiderio di bene e di felicità da parte di Dio sulla tua vita si manifesta attraverso i tuoi genitori e attraverso gli accadimenti belli e tragici della vita. Ci insegni dunque la docilità che ci spinge fuori da noi a onorare un destino più grande del nostro io, un destino sacro! Ci insegni che ‘essere figlio’ non è solo il punto di partenza della vita, ma anche un punto di arrivo: si impara a diventare figli prima di un padre e di una madre, ma poi del Padre dei cieli e della vita. La preghiera si conclude con una invocazione che interpella la nostra libertà: «suscita in ogni figlio, s. Paola Elisabetta, il desiderio di essere docile e di essere ‘sottomesso’ alla vita e a Dio». Tu hai ritrovato te stessa nuovamente figlia sul volto di Adele, la prima bambina orfana alla quale hai aperto palazzo e cuore, quel martedì santo del 3 aprile 1855, attraverso e dentro quella ‘frattura instauratrice’ che ti ha riposizionata nelle braccia della vita come figlia amata. Come è dolce questa esperienza di essere figli che incontro sul volto dei bambini della casa famiglia nella ricerca ‘scomposta’ del padre e della madre che non hanno avuto!

Si può chiedere, secondo te, ai religiosi che si ritrovano in Assemblea capitolare a quale intensità è arrivata questa crescita come figli docili e in sottomissione alla vita? (Perché anche noi non ci possiamo sottrarre a ciò che accade nell’adulto che non ha imparato a essere figlio dei propri genitori e infine docile e sottomesso alla vita e a Dio: risentimento, rabbia, competizione).

 

Ciò che nel cammino trasforma la tua vita è la «generosità». A 19 anni vieni ‘data’ in sposa al conte Gaetano Busecchi, vedovo Tassis, diventando presto madre di quattro figli. E noi ti invochiamo come madre «generosa» non solo perché hai avuto 4 figli, ma anche perché hai avuto uno sguardo ‘alternativo’ cioé ‘generativo’, da cui viene anche lo stile generoso. Ci hai lasciato quella forte immagine che EDUCARE è dare una SECONDA CREAZIONE. Ecco: educare è generare materialmente e simbolicamente! E incalzi «guardate quanto è grande la vostra missione! Oh possiate conoscerla e rilevarne tutta l’importanza per adempierla con generosità, con amore e con costanza».

La generatività -ci ricordano Chiara Giaccardi e Mauro Magatti nel bel libro ‘Generativi di tutto il mondo, unitevi. Manifesto per la società dei liberi’- si realizza secondo quattro tempi: desiderare, mettere al mondo, prendersi cura e, infine, lasciar andare. Questa grammatica della generatività tracciata, oltre che per le vicende personali, anche «per la società dei liberi» potrebbe essere un paradigma per la tua Congregazione: come un padre e una madre che cosa desideriamo profondamente e collettivamente? Che cosa stiamo ‘mettendo al mondo’, cioè quali figli stiamo generando? Di chi ci stiamo prendendo cura con la compassione di chi abita le proprie ferite? E infine: Abbiamo il coraggio di lasciare andare, cioè per un verso ‘de-partorire’ quanto abbiamo prodotto e per l’altro di lasciare il testimone della bellezza che stiamo vivendo?

Domande profonde e provocatorie, cara Paola, per questa ‘cultura’ in cui stiamo diventando sempre più ‘sterili’: «si fanno pochi figli, sempre più tardi. Qualcosa è cambiato –e in profondità– nella nostra società se la voglia di adottare è venuta meno. Anche gli affidi sono in preoccupante crollo. Il futuro, in una società anziana, fa più paura. E sempre più tardi si arriva, eventualmente, all’adozione o all’affido». (Ferruccio De Bortoli, Corriere della Sera 15 gennaio 2025).

 

Ciò che segna il cambiamento è il tuo «coraggio». Ti invochiamo come fondatrice «coraggiosa». Studiando la tua vita e la tua esperienza umana mi son fatto di te l’idea che tu fossi una donna molto timida, introversa, tendente alla depressione, anche per la tua lieve gibbosità che certamente creava a te qualche difficoltà nel crescere nella fiducia in te stessa e qualche problema anche alla tua mamma. E come ti ritroviamo? Dopo l’elaborazione del lutto, cioè dopo la disposizione all’accoglienza di ciò che la vita ti aveva preparato -quindi il tuo sì alla vita-, ti ritroviamo una donna ‘risolta’, ‘decisa’, coraggiosa appunto. E tutto questo lo vedo nel donare tutti gli abiti, gli ori, le suppellettili del Palazzo, nel tuo ritirarti nella tua stanza sopra la casa dei contadini, nel tuo camminare alla chiesetta sul monte per stare lì, tra Maria che accoglie Gesù deposto dalla croce e Maria che guarda ammirata il Bambino piccolo. A questo punto, tutti cominciano a mormorare: «la contessina di Comonte a causa della morte dei figli e del marito sta perdendo di senno. Non è più lei!» Tu pazientemente stavi seguendo la tua strada: continuare a essere madre. Il coraggio credo che sia questo seguire la tua ‘vocazione’ al di là di quello che pensa o dice la gente che vede molto meno e intuisce molto meno di quello che vedono i… bambini.

Nella preghiera a te come fondatrice noi chiediamo: «insegnaci ad ascoltare le invocazioni dei piccoli senza avvenire» ma anche «ottienici il coraggio di donare noi stessi agli altri senza riserve» e infine «di affidarci alla volontà del Padre». Ecco si può chiedere, secondo te, ai religiosi che si ritrovano in Assemblea capitolare come ascoltano «le invocazioni dei piccoli senza avvenire»? Non possiamo nascondere la tua opzione, la tua scelta di fondo, che è uno sguardo particolare sul mondo dei bambini e dell’infanzia che è, come ci ricordi, quel «primo e principale dovere» del «ricovero [accoglienza] e l’educazione dei poveri figli orfani», quel «prendersi cura delle bambine e dei bambini orfani più abbandonati, diventando per loro e padre e madre, perché il loro futuro sia una promessa e non una minaccia». Credo importante che si riaffermi come sottotitolo della Congregazione della Sacra Famiglia che, come religiosi, siamo quelli che stanno dalla parte dei bambini e dei ragazzi, in compagnia delle loro famiglie così come il vescovo di Cremona ebbe a dire la prima volta che incontrò la comunità di Villacampagna: «Evangelizzano i poveri!»

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Ricomprendendo la tua vita come figlia docile, madre generosa e fondatrice coraggiosa mi si è presentata davanti, in filigrana, la famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria. Figlio docile è stato Gesù; madre generosa Maria; e ‘fondatore’ coraggioso è stato Giuseppe perché ha avviato la prima famiglia alternativa della storia dove costitutivi non sono stati i legami di sangue, ma quella della ricerca della volontà di Dio sulla propria vita. Nella tua compagnia, cara Paola Elisabetta, abitando quotidianamente la nostra ‘santa’ famiglia -che assume la forma ora della Comunità religiosa, ora della Scuola o della Parrocchia, ora delle Case di Accoglienza- possiamo immaginare il futuro che viene da te. E di averci fatto parte di questa ‘famiglia’ ti ringraziamo con sentimenti grandi di gratitudine.

 

Condividiamo qui la preghiera che ogni giorno recitiamo come religiosi.

"Preghiera a s. PAOLA ELISABETTA

Santa Paola Elisabetta, tu sei stata una figlia docile: suscita in ogni figlio il desiderio di essere docile e di essere ‘sottomesso alla vita’ e a Dio. Insegna a noi ad essere docili.

Santa Paola Elisabetta, tu sei stata una madre generosa: sostieni ogni madre (e in ogni padre) ad essere generosa verso i propri figli, verso tutti. Insegna a noi a essere generosi.

Santa Paola Elisabetta, tu sei stata una fondatrice coraggiosa: insegnaci ad ascoltare le invocazioni dei piccoli senza avvenire. Ottieni il coraggio di donare noi stessi agli altri senza riserve e di affidarci alla volontà del Padre.

AMEN!"

foto: Giovedì 23 gennaio. I bambini e i ragazzi della Scuola nella Parrocchia di Martinengo per la celebrazione della Santa.

Autore

  • a cura di p. Antonio

Data

  • 02/02/2025

Rubrica

  • Lettera dal Futuro

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