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Siamo quattro giovani mozambicani, Joel Mário Samuel, di 24 anni, Stélio Mário Nhanombe, di 26 anni, Francisco Fernando Nhanala, di 27 anni, e Nelson dos Santos Frederico, di 31 anni, e vogliamo raccontarvi la nostra esperienza di noviziato, fatta di fede, inculturazione, amicizia e fraternità.
Il nostro viaggio verso un’esperienza diversa e lontana dalla nostra terra natale è iniziato nel marzo dell’anno scorso, quando, insieme a un gruppo di volontari e a p. Gianmarco Paris, che stavano concludendo la loro esperienza in Mozambico siamo arrivati in Italia. Provavamo un misto di incredulità, paura, soddisfazione e felicità; era una pioggia di sentimenti ed emozioni, poiché nessuno di noi aveva mai immaginato di uscire dal Paese. Ed eccoci lì, a realizzare un sogno lontano, in mezzo a quelle persone che parlavano una lingua così strana. Ma questo non importava, perché per la prima volta avremmo imparato a volare, e a volare così lontano come non avremmo mai potuto sognare prima; ci sentivamo come vere aquile. Ciò che ci siamo dimenticati di ricordare è che più alta è l’altezza del volo, maggiore è la caduta. Abbiamo volato per ore da Maputo ad Addis Abeba (Etiopia) e da lì siamo partiti per Malpensa, arrivando a destinazione il 20 marzo 2024.
Una volta arrivati in Italia, era tempo di iniziare ad affrontare la caduta, e la prima impressione scioccante che abbiamo avuto sono state quelle case che quasi toccavano il cielo, quelle che avevamo visto solo nei libri e che avevamo imparato a chiamare grattacieli; ora il nome aveva senso. Uno più alto dell’altro, che meraviglia! Poi c’erano le strade; per la prima volta viaggiavamo per lunghi chilometri senza sentire i soliti sobbalzi dovuti alle buche. Subito dopo, abbiamo dovuto affrontare quella domanda difficile: come era possibile una tale differenza nel mondo? Presto abbiamo capito che pensavamo di aver vissuto, ma in realtà fino a quel momento la vita ci aveva permesso solo di sopravvivere, perché la nostra vita non avrebbe avuto una definizione diversa dalla sopravvivenza. Questa è stata la caduta più grande che abbiamo dovuto accettare: le differenze.
Superato lo stordimento iniziale dell’arrivo, abbiamo dovuto affrontare le differenze culturali e contestuali, richiedendo in noi un atteggiamento di apertura e disponibilità per avere quella docilità necessaria nell’apprendimento, poiché era davvero tutto nuovo: la lingua, i modi, le abitudini, la cucina, ecc. Lì è iniziata la sfida dell’inculturazione, poiché dovevamo adattarci a un nuovo stile di vita, senza dimenticare le nostre radici culturali.
Nonostante la diversità culturale e le nostre limitazioni, eravamo consapevoli che avremmo trovato persone aperte ad accoglierci, costruendo così una relazione familiare in Italia, e così è stato. Il primo spazio in cui abbiamo sentito questo affetto è stato all’interno della comunità generalizia, dove tutti si sono adattati all’arrivo dei novizi, partecipando alla nostra formazione e crescita, direttamente o indirettamente. E per questo saremo eternamente grati.
Nonostante la bella e calorosa accoglienza della casa generalizia, dovevamo ancora affrontare la lingua e con essa le nuove abitudini e i costumi, e a tal fine sono state di cruciale importanza le professoresse Nicoletta Boffi e Battistina Marchetti, che hanno lavorato instancabilmente per insegnarci più della semplice lingua italiana, e cioè la grinta con cui si deve affrontare la vita e la disponibilità a fare qualcosa di meglio per il mondo; il nostro rapporto era più quello di figlie con madri che di alunni con insegnanti, e per questo a loro la nostra grande gratitudine.
Subito dopo che l’italiano ha iniziato a dare i suoi frutti, siamo entrati intensamente nel cuore della nostra presenza in Italia, e cioè il cammino del noviziato. Esso è un cammino di iniziazione profonda e concreta alla Vita Religiosa. E il nostro, concretamente, alla vita religiosa della Congregazione della Sacra Famiglia di Bergamo. Questa iniziazione consiste fondamentalmente nell’approfondimento teorico ed esperienziale della formazione umana, spirituale e apostolica secondo il carisma della Congregazione. In questi mesi stiamo dedicando il nostro tempo e energie per comprendere più concretamente se Dio ci chiama a questo tipo di vita o ad un'altra scelta per il nostro futuro.
In questo tempo, abbiamo potuto anche conoscere le persone che collaborano con la Congregazione e ci sono vicine, come Serena, Fabrizio, Umberto, Lucia, Rosa, Cristina, Pinuccia, Lina, Romana, ecc. Con loro abbiamo creato forti legami di amicizia e figliolanza. Parlando di amicizie, non possiamo dimenticare le passeggiate con il gruppo dei “diversamente giovani”, in cui abbiamo potuto conoscere molte persone che sono diventate davvero la nostra famiglia e visitare alcuni luoghi dell’Italia, condividendo il gusto per l’arte e la bellezza della natura; per questo la nostra profonda gratitudine a Fra’ Alessandro. Fede e amicizia abbiam condiviso anche con le tante persone che frequentano la nostra Chiesa dell’Incoronata per la messa settimanale e domenicale.
Non possiamo dimenticare p. Gianmarco, il nostro padre maestro, che, pur avendo tanto da fare, si è reso disponibile ad accompagnarci in questa tappa e che con semplicità e determinazione ci testimonia l’amore per la vocazione Sacra Famiglia, con fra’ Alessandro, che è ugualmente un grande testimone di vita religiosa senza nemmeno usare parole. Con loro ringraziamo i confratelli della comunità religiosa: p. Gianmario, p. Pietro, mons. Ottorino, p. Antonio, p. Giovanni, p. Fabio, per la condivisione della vita, dell’amicizia, della fede, della fraternità e dell’amore.
Cogliamo questa opportunità per chiedere le vostre preghiere per il Mozambico, perché dopo le elezioni del 9 ottobre 2024, si è scatenata una situazione di instabilità politica che sta causando perdite di vite umane, oltre all’indebolimento delle infrastrutture, che sono già precarie.