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Il 16 maggio 2004, in piazza San Pietro, un papa Giovanni Paolo II provato dall’età e dalla malattia, proclamava santa della Chiesa Cattolica la nostra Fondatrice, suor Paola Elisabetta Cerioli, insieme a Gianna Beretta Molla, dottoressa milanese che si è sacrificata per salvare la vita della sua quarta figlia, e a quattro uomini, un monaco libanese, due preti fondatori italiani, tra cui don Luigi Orione, e uno spagnolo, che ha fondato i Figli della Sacra Famiglia, che a Barcellona custodiscono la famosa cattedrale di Gaudì. Tutti coloro che hanno partecipato alla Messa di canonizzazione conservano nel cuore una memoria indimenticabile di quel momento.
Quando si tratta di santi, la memoria non è qualcosa che riguarda il passato, bensì il presente, e in qualche modo anche il futuro. Per noi cristiani i santi hanno un significato e un posto di valore nella nostra vita. È vero, tanti anni fa c’era forse più “devozione” per i santi, in loro onore si facevano processioni e feste molto partecipate. La pastorale e la predicazione degli ultimi decenni si è concentrata di più su Gesù e meno sui santi. Ce n’era bisogno, per non confondere il centro della nostra fede, cioè Gesù che ci rivela il volto di Dio Padre e ci rende suoi figli con il dono dello Spirito Santo, e ciò che ci può aiutare a credere in Gesù. Ma per progettare la vita cristiana non bastano certo gli insegnamenti del catechismo o le prediche dei preti: abbiamo bisogno di esempi, di vite vissute e compiute grazie alla fede in Gesù.
Tutti noi abbiamo ricevuto la fede non dai libri, ma dal cuore, dagli occhi, delle mani e dalle parole di persone che ci hanno voluto bene: i nostri genitori, i nostri nonni, i nostri educatori. Accompagnati da loro abbiamo ricevuto i sacramenti della fede e abbiamo cominciato ad ascoltare la Parola di Dio. Ma quello che ci ha fatto vedere chi è Dio e cosa fa per noi è stato il loro modo di vivere, la loro capacità di appassionarsi alla semplice bellezza della vita, di donarsi agli altri per amore, di perdonare.
Cosa sarebbe lo spartito della nona sinfonia di Beethoven se non ci fossero persone che con i loro strumenti e la loro voce eseguono la musica che Beethoven ha scritto? Questa immagine ci aiuta a comprendere chi sono i santi. Sono le donne e gli uomini che nella storia hanno seguito e imitato Gesù, che hanno “eseguito” con la loro voce lo spartito del Vangelo. I primi sono stati Maria e Giuseppe, poi gli apostoli che hanno vissuto per qualche tempo con Gesù, e dopo il suo ritorno al Padre hanno messo per scritto le sue parole e gesti, perché molti altri potessero credere in Gesù e ricevere la sua vita. Che in parole semplici significa cercare di vivere come ha vissuto Lui, con il suo stesso amore, con la sua stessa libertà. Ecco chi sono i santi: il Vangelo esiste e parla non nelle pagine della Scrittura, ma nella vita di chi ha creduto a Gesù, si è affidato a Lui e ha permesso al Vangelo di prendere forma in questo mondo.
Santa Paola Elisabetta Cerioli ha fatto questo, perciò, come ha solennemente proclamato con un filo di voce Giovanni Paolo II venti anni fa, appartiene a questa “folla immensa” di donne e uomini santi che hanno dato alla loro vita la forma del Vangelo. A un certo punto della sua vita, nel momento del più forte dolore, si è scoperta in modo nuovo figlia amata da Dio e come risposta ha donato il suo amore di madre alle orfane contadine che ha accolto nel suo palazzo e ha reso figlie.
Riscoprire l’amore paterno di Dio per lei e testimoniarlo alle orfane con un amore materno capace di far crescere: ecco come il Vangelo di Gesù ha preso forma in Paola Elisabetta! Ecco cosa ci insegna oggi, dopo quasi 160 anni dalla sua morte, e come ci aiuta a sentire l’attrazione del Vangelo. Anche oggi, la strada per vivere in pienezza è riconoscere il dono d’amore che ci ha dato vita e ridonarlo con generosità a chi ne ha bisogno. È su questa strada che anche noi, insieme a lei, troveremo la vita, incontreremo Dio dal quale veniamo, diventeremo quello che siamo chiamati ad essere, diventeremo santi.